Sull’esempio di Don Bosco

Siamo le pantere del PG 5 stiamo lavorando sulla specialità di squadriglia giornalismo. Abbiamo intervistato due persone che vivono nella casa don Bosco qui a Perugia, ci hanno parlato della loro vita basata sulla carità. Queste persone ci sono rimaste nel cuore in quanto molto speciali, sono missionari che viaggiano spesso in Perù per aiutare le persone più bisognose e a volte anche disabili. Ci hanno raccontato esperienze che segnano e che cambiano completamente il nostro modo di essere, pensare e vivere.

L’oratorio Don Bosco è un movimento cristiano nato negli anni novanta ‘90 dietro lo spirito di don Alessandro Facchini, sacerdote proveniente dalla realtà missionaria dell’Operazione Mato Grosso. Ispirato allo stile di San Giovanni Bosco, il metodo si fonda su tre ‘pilastri’: allegria, carità e devozione. Allegria con i ragazzi, carità verso chi ha bisogno e devozione pregando all’inizio e alla fine della giornata. Gli scopi ultimi dell’oratorio Don Bosco sono occuparsi dell’educazione dei giovani e sostenere concretamente delle missioni in Perù e Bolivia, lavorando per raccogliere fondi, organizzando raccolte viveri e materiale. Si tratta di una realtà presente in varie città d’Italia, tra cui Perugia, nella frazione di Civitella Benazzone. La nostra squadriglia Pantere – composta da Chiara, Anna, Anita, Viola, Cristiana e Agnese – nel mese di maggio, è andata a far visita a don Giovanni Marconi, che gestisce l’oratorio Don Bosco di Civitella insieme a Sara Franchini, missionaria originaria di Brescia. Una giornata intera passata in compagnia del sacerdote e della missionaria che hanno raccontato della loro esperienza di solidarietà e carità nei confronti di persone che vivono dall’altra parte del mondo, in un contesto difficile fatto di povertà e poche risorse che diventa ancora più complesso quando si parla di persone con gravi disabilità. Attraverso la testimonianza di don Giovanni e di Sara, abbiamo sperimentato concretamente la gioia di spendersi in un servizio al prossimo, sentimenti e sensazioni che volevamo raccontare a quanti più possibile. Sara, una ragazza giovane e sorridente davanti ai difficili problemi della vita, vive in un’umile casa insieme a don Giovanni, sacerdote con un sogno nel cassetto che ancora non è riuscito a realizzare. Nel corso della nostra visita, in momenti diversi, ci hanno raccontato delle loro imprese missionarie. Nel corso delle sue missioni in Perù, Sara ha avuto modo di conoscere la realtà dei tanti ragazzi disabili che vengono esclusi dalla famiglia e dimenticati dalla società proprio per le loro difficoltà. “A causa della cultura locale, molti parenti si vergognano di loro e a volte capita che fin da bambini, vengano abbandonati per strada, lasciati lì, soli, non sapendo quale sarà il loro futuro e se ne avranno uno”, racconta Sara con una certa nostalgia, ripensando ai tanti giovani che ha incontrato lungo la sua strada. I ragazzi missionari dell’oratorio Don Bosco aiutano queste famiglie prendendosi cura di bambini e adulti. “Nel nostro servizio – spiega Sara – non facevamo altro che passare le nostre giornate insieme a loro, anche facendo semplici attività come passeggiate, giochi e accogliendoli nell’oratorio. Ci prendevamo cura di ogni loro necessità e, essendo disabili gravi, anche della loro intimità”.

Don Giovanni, fin da piccolo, aveva un sogno: fare il contadino. “A 18 anni, però, sono partito con dei miei coetanei per fare una bellissima esperienza – racconta don Giovanni -. Non si tratta di coltivare campi o cose del genere, ma siamo andati in Perù, per aiutare i giovani più bisognosi di aiuto. Ci occupavamo di loro dandogli da mangiare, ma soprattutto dedicando loro attenzioni e amore perché era proprio quello che gli mancava”. Inizialmente erano poche le persone che si presentavano per ricevere del cibo ma “piano piano il numero aumentava sempre di più, tanto che ad un certo punto il cibo che arrivava non bastava” spiega il sacerdote. Da qui l’idea di don Giovanni di mettere a frutto le sue conoscenze. “Avendo studiato all’istituto agrario, ho deciso di iniziare a coltivare i campi. Ho fatto trasportare alcuni attrezzi dall’Italia in Perù, dove mi trovavo per la missione. Insieme all’aiuto della comunità locale e delle persone che avevano bisogno di aiuto, riuscimmo a produrre diversi generi alimentari con i quali poter cucinare”. Dall’intuizione di don Giovanni la missione in Perù è riuscita a sostenere nel tempo fino a 200 persone al giorno che hanno potuto ricevere un aiuto dal punto di vista alimentare.

Pantere

AGESCI Gruppo Perugia 5

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