Il terremoto non è un concetto astratto da televisione

Ciao a tutti, siamo la squadriglia delfini del reparto avventura Empoli 3. Quest’anno abbiamo scelto un’impresa un po’ particolare: la nostra idea era quella di andare a visitare dal vivo i paesi delle zone colpite dal terremoto del 2016, per distaccarci dai dati dei giornali ed andare ad incontrare le persone, di cui già a poche settimane dal sisma si è smesso di parlare. Ma il terremoto non è un concetto astratto da televisione, è un problema reale, e, anche se sono rimasti in pochi a parlarne, non è ancora risolto.

San Severino

A quasi due anni dal terremoto i danni visibili del centro del paese sono minimi, ma esaminando un po’ in profondità notiamo che il terremoto ha lasciato segni indelebili nella vita di tutti. La vita è ripresa, i giovani rimasti senza casa si sono trovati una sistemazione di fortuna o un affitto, mentre buona parte degli anziani è sistemata nelle “casette”, delle piccole abitazioni concesse dal comune. Le scosse, sebbene leggere, continuano e la gente del posto si è in parte abituata.
Nel pomeriggio abbiamo fatto riunione di reparto col San Severino 1, che ci ha proposto un gioco a tappe nel paese. Durante lo svolgimento del gioco abbiamo avuto modo di conoscere meglio il paese e le usanze del posto, ma la parte migliore è stato il finale, quando ci hanno portato in periferia. Quest’ultima fase del gioco si è svolta vicino ad una fermata del bus, ma è stato il panorama che ci siamo ritrovate davanti a colpire: centro metri di niente, solo un gigantesco vuoto. Tempo prima, ci hanno raccontato, quello spazio lì era occupato da un liceo ma le scosse lo avevano reso inagibile ed è stato demolito. Nella zona periferica non mancano scenari simili, soprattutto dove prima stavano palazzi e appartamenti. La sera siamo andati a visitare le famose “casette”, edifici di dimensioni ridotte, fatte in serie l’una vicino all’altra, ma che offrono grandi vantaggi a chi la casa non ce l’ha più. Le persone che vi abitano sono soddisfatte: le casette sono calde e all’interno non manca niente. Anche la loro vicinanza fisica ha contribuito a rafforzare la comunità, che ha permesso e continua a permettere alle persone di riprendere la loro vita.

Camerino, zona rossa

Questa che stiamo per descrivervi è una zona il cui accesso è vietato persino ai suoi (ex) abitanti, il centro storico della città. La zona, perennemente sorvegliata dai militari, è distrutta. Entrati sembra di essere in una città fantasma: le vie, i vicoli, i negozi, le piazze, un tempo pieni di gente sono completamente deserti.
I danni del sisma sono terrificanti: chiese rase al suolo, università prive di pareti, cornicioni che penzolano dallo scheletro di una casa.
Tra una crepa e l’altra il tempo ha cresciuto qualche sterpaglia mentre altrove lenti tentativi di ricostruzione sono abbozzati qua e là. Qualsiasi vicolo venga imboccato il paesaggio resta immutato, con i suoi edifici feriti e i suoi sassi sulla strada, come un labirinto infernale dove non esiste il tempo e per qualche incantesimo la sola meta di ogni angolo è un ozioso e malinconico paradiso distrutto.
Il silenzio è, insieme ai piccioni, il nuovo abitante del centro, e la sua presenza è onnisciente.
E’ forse l’assoluta assenza di suoni, escluso qualche fugace battito di ali, la cosa che colpisce di più.
Su qualche muro o bandone sono appuntati a matita frasi e poesie.
(…)
Gli scout del “Camerino 1” non hanno avuto la stessa fortuna dei compagni del “Sanseverino”: ora hanno da poco una sede, la cui costruzione assomiglia molto alle casette ma è piccola e non fa mai abbastanza caldo in inverno.
Il ragazzo con cui abbiamo parlato ha trovato una sistemazione distante da Camerino, ma continua la scuola e le altre attività qui.
I primi tempi – ci ha raccontato – sono stati molto difficili: aveva perso la casa e passava i suoi giorni in luogo dove non conosceva ancora nessuno e, come per tanti altri ragazzi del “Camerino 1” per lui l’uscita del sabato è divenuta una sorta di certezza, un momento atteso e fondamentale della settimana.
Prima del sisma, andare a scout costava a tutti un po’ di fatica, dopo le scosse, invece, è diventato lo slancio necessario per ripartire.
Inizialmente si trattava di dare una mano in giro, divertirsi insieme e giocare con i bambini. Ora di bambini il Camerino 1 è pieno: bimbi che i genitori hanno bisogno di lasciare a qualcuno nel pomeriggio, altri che hanno scoperto lo scoutismo nel periodo post-sisma e se ne sono innamorati. “Potremo quasi aprire un altro gruppo” – dice con orgoglio il fondatore-

Per concludere vorremmo lasciare un messaggio di B.P. per tutti gli scout e le guide delle Marche
che stanno leggendo quest’articolo:
“La fortuna è un po’ come il coraggio: può darsi che in parte venga da sé, ma in gran parte si può
farsela da soli.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Chiara, Capo squadriglia delfini
Gruppo AGESCI Empoli 3

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