Un’avventura “horror”

Gli skinhead (parte prima)

Inizio tratto da una storia vera
Lorenzo Brancaleoni

Mi presento. Sono uno scout di 14 anni del Rimini 3. Mi chiamo Lorenzo Brancaleoni. Un giorno eravamo di squadriglia e abbiamo deciso che come impresa al top sarebbe stata andare a Vienna, ma non avevamo contatti. Quindi abbiamo considerato realizzabile un gemellaggio con Erfurt in Germania, dove avevamo degli amici.
Quando siamo arrivati alla casa, isolata e in mezzo alla foresta, dopo un eccitante viaggio in aereo,  accompagnati da un ragazzo degli Scouts di Erfurt, Tristan, vedendola da fuori, mentre Tristan apriva la porta, ci ha dato una buona impressione.
Con grande stupore, però, non appena entrati, abbiamo scoperto che non c’era corrente né per l’illuminazione,  né per caricare i cellulari e nemmeno  acqua corrente.
Era necessario trovare degli espedienti per risolvere i problemi: le care vecchie candele e l’acqua del ruscello.
Dopo aver ispezionato la casa la nostra capo scout ci ha chiamati e ci ha detto:
<< Carissimi, mi ha detto Tristan che  nelle vicinanze abitavano sia delle persone “gentili”  che un gruppo di  skinhead>>
<< E cosa significherebbe skinhead?>>  Ho domandato io.
Mi ha risposto l’altra capo, la Lucrezia:
<< Sono signori con la testa rasata, nostalgici del nazismo. Una volta, di notte, mi ha raccontato Tristan, hanno rotto le finestre della casa, ma per il resto vogliono bene agli Scouts perché tengono bene l’abitazione.>>
Quell’informazione mi ha fatto raggelare il sangue nelle vene. Già odiavo i nazisti, poi il fatto che ce li avessimo di fianco mi turbava…. Mi sono consolato con l’ultima frase: “vogliono bene agli Scouts”.
Siamo rimasti per un po’ a guardare la casa: era di legno dipinto di rosso e la vernice era colata sulle pietre sottostanti e sembrava sangue.
Ad un certo punto abbiamo udito un fruscio dell’erba in lontananza. Siamo rabbrividiti e per un nanosecondo si è avvertita una certa tensione. Poi ci siamo calmati. Il mio caposquadriglia ha detto: << Sarà un animale >>.
Gli squadriglieri mi abbandonano tutti,  tranne uno, mio omonimo, Lorenzo Liguori, il novizio. Sta mangiando una pesca, quando sento un altro sibilo, uguale al primo. Mi blocco e il mio amico mi dice:<< Tranqui, sono io che ho buttato l’osso della pesca.>>
Tiro un respiro di sollievo. Andiamo a vedere a che punto è la tanica che avevamo precedentemente lasciato al ruscello. Vediamo l’acqua zampillare come sangue d’arteria lacerata. Il rumore dell’acqua mi rende ancora più inquieto.
Entriamo in casa.
<< Se dovessero sopraggiungere gli skinhead, almeno avremmo le accette per difenderci.>>-scherza il mio amico-la casa è piena di oggetti che possono essere utilizzati come armi.
Andiamo tutti a dormire. È tardi. Appena spegniamo le nostre misere luci di emergenza nel buio della notte  scorgiamo quello che sembra un cadavere appeso alla parete, lasciato come segno dagli skinhead per spiarci.
Di mattina la luce del giorno rende tutto più chiaro: in realtà il cadavere non è altro che il mero insieme di una sciarpina appesa con un chiodo al muro e materiale per l’edilizia con sopra due strisce di tessuto impermeabile che sembrano due gambe.
All’ora del tramonto mi dirigo verso il  bagno: il sebach è l’ultima speranza rimasta. Penso che se mi fossi chiuso lì dentro  sarei rimasto al sicuro per sempre.
Sento i passi rimbombare nella foresta e il battito del cuore nel petto.
Odo degli uomini parlare, mi sento osservato.
Si avvicinano…..si avvicinano!
Bisbigliano, sussurrano, parlano, urlano, gridano!!
E poi….eccoli di fianco a me
<<Ciao>> mi dicono.
<<Chi siete, gli skinhead??>>
<<Si>>.
Tremo già.
<<Bravi Scouts che tenete bene la casa>>.
“Eccolo”, penso.
<<Hai bisogno di qualcosa?? Ti prego dimmi di si. Mi sento in colpa per aver simpatizzato per Hitler. Voglio fare qualcosa di buono.>>.
<< Se puoi offrirmi un bicchier d’acqua te ne sarò grato.>>
Ed ecco che poco dopo tornano con un bicchiere.
Bevo. Mi sento soffocare. Vomito sangue. Cado a terra. Muoio. Loro ridono.

[…]

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