Diversamente Jamboree

Articolo di Luca Andreini, Rimini 10

Il Jamboree è iniziato, per noi del reparto Ponte di Tiberio, il 22 luglio partendo dall’aereoporto di Bologna. Fino a Londra tutto bene ma la situazione cambiò drasticamente sul volo Londra – Charlotte: un vero incubo. Tra aria artica (5°,aria condizionata maledetta) e cibo molto poco gradibile, sono iniziati i problemi. Ho vomitato non so quante volte ed ho dovuto affrontare 8 ore di viaggio con lo stomaco sottosopra e con almeno 30 ore di sonno arretrate (tra ansia e spostamenti Rimini – Bologna). È stato molto frustante restare 8 ore in uno spazio chiuso, senza possibilità di aria “pulita” e con quell’insopportabile e continuo rumore dei motori. Atterrati nel pomeriggio del 22 luglio, come se non bastasse, abbiamo fatto 2 ore di fila alla frontiera Americana. Da quel punto tutti pensavano (compreso il sottoscritto) che tutto fosse in discesa, ma ci sbagliavamo. Dopo la frontiera iniziarono i dolori al fianco destro e l’idea di aver preso l’appendicite non mi venne mai in mente perchè ero, stanco, disidratato ed erano 8 ore che vomitavo. Ci aspettavano 5 ore di pullman che ci avrebbero fatto finalmente arrivare al Jamboree. Arrivammo lì alle 2 di notte e, nonostante i dolori alla pancia, trovammo per nostra fortuna le tende già montate nel pomeriggio dai nostri vicini Americani, Cinesi e Brasiliani. Presi il sacco a pelo e, senza neanche cambiarmi mi addormentai all’istante. Tutto il reparto si svegliò verso le 9 del giorno seguente e, appena alzato, capii che c’era qualcosa che non andava perchè non riuscito ad alzare la gamba destra di 1cm. Così mi alzo e mi scolo 1 litro d’acqua (non bevevo da 48 ore). Ovviamente 10 minuti dopo quell’acqua era già stata buttata fuori e così mi feci portare in infermeria. Io e i capi continuavamo a pensare ad una disidratazione. In infermeria la situazione comincia ad andare peggio perchè i dottori, sospettando appendicite, volevano degli esami del sangue per evitare inconvenienti.

Venni portato in ospedale la mattina del 23 luglio e qui mi fecero una TAC e gli esami del sangue. Nel primo pomeriggio io, i miei capi e la mia famiglia siamo stati informati sul fatto che sarei dovuto essere operato quella sera tardi oppure la mattina preso. Io ero tranquillo poichè la cerimonia di apertura del Jamboree era alle 5 e, aihmè potevo vederla solo in live su Youtube (sempre meglio che non vederla). Ovviamente però la diagnosi si trasformò in appendicite urgente, infatti ho rischiato di andare in peritonite. Ero molto tranquillo e sinceramente, non essendo mai stato operato, la mia ansia era pari a 0; non so perchè… forse il fatto di essere in un ospedale americano mi aveva tranquillizzato abbastanza. Alle 4 e 30 circa entro in sala operatoria e mi sveglio “ufficialmente” alle 2 di notte, per andare in bagno. In verità mi sono svegliato anche prima della mezzanotte, ma è stata la classica scena da film: sdraiato con occhi mezzi aperti giro la testa dal fianco sinistro a quello destro e vedo numerose facce sopra il letto che mi guardano. È un ricordo di neanche 1 secondo poichè subito dopo mi sono addormentato. Ho passato 3 giorni in ospedale e devo dire che le mie aspettative erano tipo da Grey’s Anatomy ma sotto alcuni versi mi sbagliavo: le infermiere erano incredibilmente “grosse”, i medici dei pompati assurdi e le stanze erano alberghi a 5 stelle in confronto a quelle degli ospedali italiani. Passo i 3 giorni guardando l’orologio e aspettando ansiosamente la fine di quell’agonia. Per fortuna in ospedale c’era il wifi ed ho potuto passare la maggior parte del tempo parlando sia con i capi reparto e/o contigente che stavano lì con me, sia con la mia famiglia al telefono.

Avevo una grossa finestra e posso confermare che tutto quello che si dice sull’America è vero: immensi Pick-Up, aria condizionata a palla, bibite gassate a gogo; hanno anche provato a corrompermi con pizza e pasta americana che però non ho assaggiato. Passati quei giorni di agonia con il male insopportabile tornai finalmente al campo per rincontrare il mio reparto. Passai il resto del Jamboree pescando e sparando a piattello poichè le attività sportive che potevo fare erano 0. Però devo ringraziare questo fatto perchè passando la maggior parte del tempo nel sottocampo ho potuto incontrate numerose persone di molte realtà differenti infatti il Jamboree è anche incontro con tutti gli scout del mondo, ogni persona che veniva nel nostro sottocampo aveva qualcosa da raccontare oppure scambiare ed era sempre bello ascoltare come lo scautismo e la vita in generale funziona negli altri paesi. È stata un’esperienza unica nel suo genere che di certo non rifarei ma sono fiero di aver trascorso un bellissimo e unico evento che mi ha lasciato ricordi indimenticabili nonostante lo abbia passato con qualcosa in meno rispetto agli altri (*tosse* appendice *tosse*)

Spero di avervi “contagiato” con la mia storia… Luca 😀

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