Fazzolettoni che lasciano un segno indelebile

È arrivato in redazione questo bellissimo tema svolto in classe da Marta T. del Montevarchi 1 qualche tempo fa… buona lettura! [n.d.r.]

C’è sempre quel fazzolettone giallo e verde, ormai un po’ consumato, pieno di spille e ricordi, che mi porta indietro nel tempo, per ripensare a momenti che hanno lasciato il segno. Sono sei anni che indosso quel segno di riconoscimento; con quello addosso mi sento più forte, più libera; perché so che c’è un’altra famiglia (oltre a quella in cui vivo) pronta ad accogliermi sempre, sia nei momenti belli, che in quelli brutti. Il bello di questo atto reciproco però è che io posso contare anche su quelli che portano al collo colori diversi dai miei. Questa fratellanza e unione che c’è tra tutti gli scout del mondo, mi fa pensare a come invece, sia molto diverso il mondo “fuori” da questa comunità. “Aveva il mio stesso e identico umore, ma la divisa di un altro colore”. Questa frase di una famosa canzone rappresenta quello che secondo me succede oggi nel mondo “esterno”: qualsiasi persona oggi che sia diversa dalla massa o semplicemente anche da un piccolo gruppo di persone, subisce spesso atti di cattiveria. L’esempio più semplice è il bullismo; è un’azione che si verifica spesso, ma a volte è anche il seme che fa nascere una guerra: spesso le persone non vengono accettate per quello che sono e allora gli si “spara”. Ogni piccola offesa è come un colpo al cuore per coloro che la ricevono. Il bello degli scout invece, è proprio questo: saper accettare anche quelli che hanno “la divisa di un altro colore”; che non per forza deve essere il colore della pelle, ma semplicemente il carattere, il modo di fare, l’aspetto fisico… Spesso mi dicono: “Frequenti gli scout? Che brutto, state per terra, vi sporcate, pregate sempre!” Quando mi dicono in questo modo mi convinco sempre di più del fatto che la gente giudichi senza mai sperimentare.

Mi ricordo ancora quel momento in cui mia mamma mi iscrisse agli scout: era il giorno del mio ottavo compleanno e io iniziai a piangere, a buttarmi a terra dalla disperazione… e ora invece mi ritrovo qui a dire che non li voglio più lasciare e che farò di tutto per portare avanti questa comunità. Quando sono arrivata la prima volta mi hanno subito accolto con calore e con il passare del tempo ho creato dei legami molto belli con tutte le persone che mi stavano attorno. Pian pian mi rendo conto che tutto quello che ci insegnano non solo montare una tenda o accendere un fuoco, è una lezione da mettere in pratica anche nella vita di tutti i giorni. Un anno mi ricordo, ci fecero giocare senza nessuna regola a dodgeball e si creò molta confusione; quando stopparono il gioco ci chiesero: -vi siete divertiti?- Tutti riposerò di no e attraverso un piccolo gesto, trasformato in un gioco ci avevano fatto capire che senza le regole è difficile stare in qualsiasi posto e fare qualsiasi attività. Ecco, questa è un’altra cosa che apprezzo molto: riescono a trasformare un concetto a volte difficile da capire in un gioco e grazie a ciò anche un bambino di otto anni riesce a capirlo. Il mio fazzolettone mi ha accompagnato in tutte queste esperienze e quando lo guardo mi rendo conto di quanto sono stata fortunata. Gli scout sono un cammino che passo per passo ti cambia la vita, sono una famiglia in cui puoi star certo di essere accolto. E poi…la Promessa: quando prometti al tuo gruppo di compiere il tuo dovere come scout e con la mano compi un gesto che, per chi non sa il significato non ha molto senso: alzi le tre dita centrali che stanno a significare i tre punti che reciti durante la promessa e con il pollice piegato copri il mignolo, anch’esso piegato; questo significa invece che il più grande aiuta il più piccolo. Non saprei cos’altro dire su questa famiglia diffusa in tutto il mondo che ti cambia il modo di guardare il mondo e vivere la vita. Spero di non arrendermi mai perché come dice Baden-Powell: “chi non ha mai sbagliato non ha mai fatto nulla!”

Marta T.
AGESCI Gruppo Montevarchi 1

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